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Castello di Ceralto

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Il castello di Ceralto per la sua singolare ubicazione, la tipologia architettonica e l'assoluta pace che vi regna è una vera isola felice fuori dal tempo.
Il nome Ceralto, Cereris altus, richiama forse il culto di Cerere, dea romana dell'agricoltura; il toponimo però potrebbe anche derivare dalla presenza di un bosco di querce o lecci, presenti in tutto il territorio gualdese, come ci mostra lo stesso toponimo longobardo wald, che significa bosco appunto. Scenario di lotte tra le città di Perugia e Todi, rimase sotto il dominio di quest'ultima, come dimostra, ancora una volta, l'aquila tuderte che campeggia sulla porta del castello: il borgo fortificato, a dominio della valle del Puglia si presenta con le sue torri e il maschio esagonale ben conservati; all'interno incontriamo la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, che poggia sulle antiche mura castellane, il campanile infatti è stato ricavato proprio sfruttando una torre medioevale.
Lungo la via Perugina, di fronte all'incrocio che ora permette l'accesso al castello si trova una piccola cappella votiva in pietra dedicata alla Madonna del Soccorso, costruita a protezione di un'antica edicola sacra che conserva ancora oggi un bellissimo affresco di Bartolomeo da Miranda, datato 1450 e raffigurante la Madonna con il Bambino, l'Agnello mistico e ai lati, San Sebastiano, Sant'Antonio Abate e San Michele Arcangelo.

Curiosità e approfondimenti

Il lucus, bosco sacro di lecci

Nel corso dei secoli i popoli nutrivano una certa paura delle foreste; al timore, spesso ingigantito con descrizioni fantasiose, univano un atteggiamento di sacra venerazione per esse. Il legame con il bosco riconosciuto sacro era di natura essenzialmente religiosa; l'addentrarsi in esso aveva soltanto finalità celebrative, rituali. Il lucus, bosco sacro, normalmente di lecci, pertanto, era soggetto ad un regime del tutto particolare; molte azioni che sarebbero state perfettamente lecite in qualsiasi silva, erano severamente proibite e punite nel bosco sacro, dove assumevano un significato di vera e propria profanazione, spesso seguiti da multe, ne è un esempio il bosco sacro di Monteluco a Spoleto.
Come ci dimostra il toponimo del luogo anche il castello di Ceralto era circondato, un tempo, da boschi di querce e lecci; testimone di questa "sacralità" della zona è un famoso leccio secolare che cresce poco lontano dal borgo e che è possibile ammirare nella sua maestosità ancora oggi; è considerato uno dei più grandi d'Italia, alto 20 m circa, con una circonferenza del tronco di metri 3,85 a monte e metri 4,52 a valle con un'età stimata.
Il leccio fu nelle civiltà greche e italiche antiche un albero dotato di rilevante valore sacro. Valore che fu positivo nel periodo arcaico di entrambe le civiltà, per poi assumerne lentamente uno sempre più negativo nello scorrere della storia di Roma fino a contornarsi di un'aura quasi funesta. Il suo significato simbolico è stato rivalutato solo nel medioevo. Plinio il Vecchio riporta che con i rami di leccio si facessero le prime corone civiche, sostituito poi da altre querce, come il rovere. Sempre secondo Plinio sul Vaticano si levava il leccio più antico della città, già oggetto di venerazione religiosa da tempi più antichi tanto che su quest'albero era un'iscrizione su bronzo in caratteri etruschi. Sembra infatti che il leccio fosse albero oracolare per i fulgorales a causa della sua predisposizione ad essere colpito dai fulmini. Seneca lo considerava un albero triste, tutto scuro com'è; con la diffusione del Cristianesimo iniziano a diffondersi poi simbolismi diversi legati a questa pianta, tanto che i primi monaci eremiti e lo stesso San Francesco prediligevano boschi di lecci per ritirarsi nella preghiera e nella meditazione.

Il culto della Dea Cerere

In questa zona dell'Umbria, ricca di sincretismi religiosi e riti ancestrali legati alla terra, anticamente frequentata da Umbri ed Etruschi non è strano immaginare che fosse diffuso il culto della Dea Cerere, divinità materna della terra e della fertilità e nume tutelare dei raccolti. Era considerata anche dea della nascita, poiché tutti i fiori, la frutta e gli esseri viventi erano ritenuti suoi doni, tant'è che si pensava che avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi. Per questo veniva solitamente rappresentata come una matrona severa e maestosa, ma allo stesso tempo bella e affabile, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di grano e di frutta nell'altra. Sorella di Vesta, Giunone, Plutone, Nettuno e Giove, e figlia di Saturno e Opi, è famosa soprattutto per essere stata la madre di Proserpina, rapita da Plutone e portata negli inferi. Sebbene il suo culto sia di antica origine italica, è generalmente identificata con la dea greca Demetra. Cerere era già presente nel pantheon dei popoli italici preromani, specialmente gli osco umbro sabelli e fu, in seguito, identificata con Demetra. Il suo nome deriva dalla radice indoeuropea *ker e significa "colei che ha in sé il principio della crescita". A Roma un santuario a lei dedicato era ai piedi dell'Aventino, fondato nel V secolo a.C. e qui si celebravano ogni 12 aprile i "Cerealia", durante i quali venivano offerti frutta e miele e sacrificati buoi e maiali.

 



Dove trovarlo
Video del castello