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Castello di Pozzo

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A dominio e a controllo della Valle del Puglia, un tempo impervia e pericolosa, si erge, proprio di fronte a Pomonte, il castello di Pozzo, piccolo borgo fortificato, immerso tra gli olivi con una bella posizione panoramica sulla valle dell'Attone; si racconta che il suo nome derivi proprio dalla secolare tradizione dell'olivicoltura, caratteristica peculiare del territorio, tanto che così viene descritto: "situato in amenissimo colle e molto copioso di ulivi, che per l'abbondanza dell'oglio, sarà stato di esso un pozzo, e da ciò sarà derivata forse la denominazione". Tale infatti era l'abbondanza di olio prodotto fin dai tempi più lontani, da non potersi contenere neanche in un pozzo, da qui il curioso toponimo. Fu a lungo conteso tra i comuni di Bevagna e Todi: nel 1473 i Priori di Todi scrissero al Governatore di Foligno, perché impedisse ai Bevanati di avanzare diritti sulla chiesa di Santa Maria del Monte, nelle vicinanze di Pozzo, di proprietà del Comune di Todi. Curioso un aneddoto che racconta di come, nel 1526, i bevanati "armata mano" accompagnati da alcuni abitanti di Torre del Colle, fecero razzia nel territorio conteso asportando "bovi, pecore, porci e cavalli, che trionfanti portarono a Bevagna e se ne divisero pro rata la presa". Nonostante le manomissioni conserva ancora l'impianto architettonico di borgo fortificato, con una piccola piazzetta al centro sulla quale si affaccia la parrocchiale, pittoreschi scorci medievali, mura e resti delle torri di difesa. Proprio sulla piccola piazza si affaccia la chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Maria del Popolo, di origine cinquecentesca con numerosi rifacimenti anche recenti; dai documenti risulta che nel XVII sec. fu eretta una cappella gestita dalla Compagnia del Santissimo Sacramento e Rosario, citata poi anche in seguito, oggetto di un lascito testamentario nel 1635. L'interno della chiesa, ad aula unica, è stato restaurato negli anni '80 del secolo scorso e presenta alcuni altari laterali barocchi, ed altrettante cappelle; le paraste su cui poggiano i sottarchi si presentano in stile tuscanico, come la trabeazione di coronamento; tutte le modanature e le decorazioni dell'interno, sono realizzate in graniglia cementizia colorata in pasta, come quelle della facciata, ovviamente frutto del recente restauro.
Poco fuori dell'abitato troviamo, invece, la chiesetta rurale di Santa Maria; nonostante i recenti restauri conserva ancora l'impianto originario del XIII sec. La struttura è in conci di pietra bianca e rosa e arenaria con la facciata a doppio spiovente decorata da un piccolo campanile a vela.
All'interno mostra un soffitto a capanna a tre campate con archi a tutto sesto e conserva un affresco di scuola locale raffigurante la Madonna con il bambino datato 1594.

Approfondimenti e curiosità

La "bonfinita" e le frittelle di Pozzo

Tra le usanze contadine c'era quella di festeggiare la fine del raccolto delle olive, la cosidetta "bonfinita" con delle "frittelle", che ancora oggi sono la specialità di questo borgo. La ricetta di questi squisiti dolci si è tramandata di madre in figlia fino ai nostri giorni e le deliziose ciambelle si possono gustare ancora oggi durante la "Sagra della Frittella" che si svolge nel mese di luglio. Una delle tradizioni contadine più sentite era la bonfinita, tipica di diverse aree rurali dell'Umbria centrale. Si festeggiava la fine della raccolta delle olive, che spesso coinvolgeva tutta la famiglia, addobbando una frasca di olivo e coinvolgendo per la festa tutti i protagonisti della raccolta, al suono degli organetti si ballava il salterello, si recitavano stornelli accompagnati dal vino generoso e si degustavano i piatti semplici della cucina contadina, tra cui le famose frittelle! In alcun luoghi, come nella limitrofa Giano dell'Umbria, ancora oggi a novembre si rievoca la festa della Frasca, con una sfilata che attraversa le vie del piccolo borgo: un carro, tirato dai buoi, trasporta la frasca addobbata fino alla piazza principale del paese, accompagnata dai coglitori in abiti d'epoca come il guazzarone (una sorta di tunica che veniva utilizzata per ripararsi dall'umidità, dalla nebbia e dai rigori invernali frequenti in epoca di raccolta) e con strumenti originali (come i rastrelli di legno e il cojituio) e da un gruppo folkloristico che rievoca i canti e le danze della tradizione contadina umbra. Un modo per far rivivere, ancora oggi, le antiche tradizioni della nostra terra.

 

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