Dopo aver ascoltato i tanti racconti sussurrati dalla rocca, iniziamo la scoperta di questo delizioso borgo; ad accoglierci una piccola piazza circolare sulla quale si affacciano antiche case in pietra e cotto, il Palazzo Comunale e poco in disparte la chiesa dei SS. Antonio e Antonino, del XIII sec. La facciata di gusto rinascimentale è caratterizzata da un semplice, ma elegante portale in laterizio, sormontato da una grande finestra e da un piccolo oculo. Sono murate sulla facciata alcune sculture, forse provenienti dal più antico edificio medioevale, raffiguranti i simboli degli Evangelisti: l'angelo, il leone, il toro e l'aquila, accanto ad un Agnus Dei. L'interno, rimaneggiato, è a navata unica, con tre altari e una cappella. Sulla parete di sinistra, al di sopra di un elegante tabernacolo ligneo, si conserva una tavola e tempera del 1350 di scuola umbro-senese, raffigurante la Madonna con il Bambino, opera proveniente dalla Chiesa di Sant'Andrea. La cappella di sinistra è ornata da affreschi di Ferra Tenzoni; interessanti anche alcuni paliotti in scagliola settecenteschi che decorano gli altari delle cappelle laterali, raro esempio in Umbria di questa tecnica che simulava il commesso marmoreo.
L'abside è arricchita da un'Ultima cena di Ascensidonio Spacca, detto il Fantino, pittore bevanate del ‘600. Non perdete però l'occasione di scendere nella cripta, vero gioiello della chiesa e bellissimo esempio di architettura romanica; tutta in pietra, presenta due colonne con capitelli a foglie che reggono sei campate coperte da volte a crociera; sono qui custodite le spoglie dei due Santi e del Beato Ugolino.
Approfondimenti e Curiosità I Santi Antonio e Antonino e il Beato Ugolino Varie sono le fonti agiografiche che ci parlano dei due martiri Antonio e Antonino: probabilmente vennero martirizzati nel IV sec.d.C. sotto Diocleziano. Curiosa è la storia legata al corpo di Sant'Antonio, conteso fra Gualdesi e Bevanati narrata dallo storico Ludovico Jacobilli. Si racconta che il santo visse da eremita in una località detta "Colle di Sant'Antonio", tra Gualdo e Bevagna, e, dopo il martirio, fu sepolto in questo suo romitorio. Nel 975, edificato il castello di Gualdo Cattaneo, il comune lo prese come suo protettore e nel 1260, eretta la chiesa principale, si stabilì di trasferirvi i suoi resti mortali, temendo che questi, riposando in un luogo solitario, potessero essere trafugati. I Bevanati si risentirono e "in gran numero, armata mano", impedirono tale trasferimento. Per porre fine a questa lunga contesa e per "quiete coronane" si stabilì di prendere due tori indomiti, uno di Bevagna, e l'altro di Gualdo e di attaccarli ad un carro, per vedere dove avrebbero deposto il corpo: la storia, ricca di colpi di scena e di piccoli miracoli, diede la meglio a Gualdo e i tori si diressero proprio nel luogo dove era stata costruita la chiesa. Il corpo fu deposto nella cripta insieme a quello di Sant'Antonino e poi successivamente del Beato Ugolino. Quest'ultimo, diventato poi protettore del borgo, era un eremita dalla profonda e rigorosa vita spirituale, che divideva la giornata tra preghiera, silenzio e lavoro manuale. Entrò nell'ordine agostiniano e dopo la morte fu sepolto con il dovuto riguardo, tanto che la sua tomba divenne meta di pellegrinaggi e fonte di grazie. Il culto è stato da subito molto forte, e già nel 1483 gli statuti comunali decretavano l'offerta "della cera" per la festa fissata il 1° gennaio. I Paliotti in scagliola I paliotti in scagliola sono un tipo di manufatto particolarmente interessante e alquanto raro in Umbria. Realizzati con un impasto "speciale", ottenuto da un minerale - la selenite- che allo stato puro si presenta sotto forma di lamelle o scaglie, (da qui il nome). Definita "il marmo dei poveri", veniva usata per simulare la tarsia marmorea: il suo utilizzo riguardava soprattutto la realizzazione di paliotti da porre sugli altari delle chiese, in quanto il risultato era di grande effetto scenografico, ma di basso costo rispetto alla tarsia marmorea. Dopo essere stata cotta e macinata in sottilissima polvere, veniva mescolata con terre colorate e colle; una volta inciso il disegno da raffigurare su di una lastra di marmo o di scagliola, si scavavano le parti da riempire e si inserivano gli impasti colorati. Indurito il riempimento si spianava con acqua e pietra pomice, ed infine si lucidava, sempre con pietre di varia durezza e cera d'api. Questo, il segreto delle opere in scagliola; questa tecnica fu usata, soprattutto, per la realizzazione di paliotti da porre sugli altari delle chiese - come dimostra anche il caso di Gualdo Cattaneo e della vicina Giano dell'Umbria - in quanto opere di grande effetto scenografico, con decorazioni multicolori ad intarsio fatte di arabeschi, fiori, e uccelli. |
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